Cos’è la biodiversità
Per biodiversità si intende l’insieme di tutte le forme viventi geneticamente dissimili e degli ecosistemi ad esse correlati. Quindi biodiversità implica tutta la variabilità biologica: di geni, specie, habitat ed ecosistemi.
In inglese diverse significa vario, molteplice, mentre in italiano diverso ha un significato quasi negativo e pertanto una traduzione più fedele sarebbe biovarietà o varietà della vita presente sul pianeta. Ciò nonostante, il termine biodiversità si è ormai consolidato e viene comunemente utilizzato nei diversi ambiti scientifici e culturali.
Il ruolo della biodiversità nella vita umana, nonostante sia continuamente sotto i nostri occhi, è spesso sottovalutato. Infatti, è grazie alla biodiversità, spesso di una piccola regione, che risulta possibile avere delle produzioni o delle caratteristiche specifiche.
Per esempio, la diversità genetica dell’uva determina le differenze fra i vari vitigni che rendono possibile avere diversi tipi di vino; le caratteristiche genetiche dei microrganismi di alcune grotte determina il sapore specifico di alcuni formaggi (ad es. il gorgonzola).
Analogamente le caratteristiche biologiche consentono agli alberi di adattarsi alle varie condizioni climatiche e determinano le caratteristiche specifiche dei vari legni per cui alcuni legni sono maggiormente usati in edilizia, altri nell’industria mobiliera o nella liuteria, nell’aeromodellismo, nelle costruzioni navali, come legna da ardere etc.. Sono le diverse caratteristiche biologiche consentono alle foglie o ai fusti di alcune piante di adattarsi alle varie condizioni climatiche ne determinano la possibilità di utilizzo come fibre tessili (ad esempio le diverse qualità di cotone, lino etc.).
Analogamente: le diverse caratteristiche biologiche che consentono agli ovini, ai conigli, alle oche e a molti altri animali di difendersi dal freddo determinano le diverse varietà di lane o altri tessuti da noi utilizzati (ad esempio lambswool, merino, angora, alpaca, cammello, cashmere, seta, piumino d’oca etc.), la diversità ecologica e paesaggistica orienta le nostre scelte turistiche; molti eventi tradizionali (quali le sagre) o culturali (quali le feste patronali) sono legati ai tempi ed ai luoghi in cui alcuni cicli naturali si svolgono, quali fioriture, migrazioni, eventi riproduttivi…
Inoltre, alcuni cardi hanno dato l’idea per l’invenzione del velcro; lo studio delle foglie di loto sta aiutando a sviluppare una vernice che si “lava” da sola; le dita prensili dei gechi sono di ispirazione per lo sviluppo di colle fisiche invece che chimiche.
Di conseguenza esistono vari e importanti motivi per mantenere un’elevata biodiversità sia a livello nazionale che locale. La perdita di specie, sottospecie o varietà comporterebbe infatti una serie di danni. Questi possono raggrupparsi come:
- ecologico, perché comporta un degrado della funzionalità degli ecosistemi;
- culturale, perché si perdono conoscenze e tradizioni umane legate alla biodiversità;
- economico, perché riduce le risorse genetiche ed il loro potenziale di sfruttamento economico.
Il cambiamento climatico ha un effetto negativo sulla biodiversità. Di contro, il mantenimento di ecosistemi sani aiuta a mitigare gli effetti estremi dovuti al clima. La vegetazione nelle città protegge dall’effetto noto come isola di calore, la vegetazione costiera e le dune proteggono dagli effetti di tsunami o anche da più comuni burrasche o altri eventi climatici.
Più genericamente si può dire che la presenza di una ricca varietà di specie in un ambiente ne aumenta la sua resilienza, ossia la sua capacità di tornare “a posto” dopo avere subito uno stress.
L’importanza della biodiversità è data principalmente dal fatto che la vita sulla Terra, compresa quella della specie umana, è possibile principalmente grazie ai cosiddetti servizi forniti dagli ecosistemi che conservano un certo livello di funzionalità. La diversità biologica è considerata a tutti i livelli ed include non solo la varietà delle specie e sottospecie esistenti, ma anche la diversità genetica e la diversità degli ecosistemi.
Henri Bergson è il filosofo che nella prima metà del Novecento si è occupato delle strategie evolutive e degli impulsi vitali (élan vitale) degli organismi viventi, e della loro tendenza allo sviluppo e alla differenziazione.
Il pensiero filosofico, anche se in maniera subliminale e con effetto ritardato, ha sempre avuto, e continua ad avere, una profonda influenza sull’opinione pubblica e quindi sulle scelte politiche di un periodo storico.
Negli anni dello sviluppo industriale, le politiche di sviluppo erano fortemente “antropocentriche” e consideravano le risorse naturali come un bene praticamente infinito e inesauribile a completa disposizione dell’uomo. Lo stesso Thomas Henry Huxley, biologo e filosofo britannico particolarmente influente, convinto sostenitore dell’evoluzionismo darwiniano, tanto da essere soprannominato il “mastino di Darwin”, si era pubblicamente esposto sulle capacità della natura di rigenerarsi e di produrre risorse in maniera praticamente infinita.
Questo periodo storico, e le scelte politiche che lo hanno caratterizzato, hanno migliorato la qualità della vita nei Paesi occidentali ma a costo di una distruzione ed un degrado ambientale di cui ora iniziamo a pagare le conseguenze.
I movimenti ambientalisti ed animalisti che hanno seguito, prendono spunto da teorie filosofiche cosiddette “naturocentriche”, ossia che mettono al centro del proprio interesse la vita degli animali e delle piante, considerando che il Pianeta, o perlomeno la sua parte selvaggia, era inizialmente la loro “casa”.
Il nuovo approccio sviluppato nell’ambito del processo sullo sviluppo sostenibile, tende invece a considerare la popolazione umana come una parte integrante dell’ecosistema, che ha la capacità e la possibilità di influenzarlo in maniera profonda, ma la cui vita dipende dalla presenza di ecosistemi sani e dalla vita stessa esistente sul Pianeta.